Guida Monaco – Bombardamenti e Ricostruzione

Nell’aprile 1945 i soldati americani fecero il loro ingresso nella città di Monaco trovandola in condizioni disastrose: Monaco di Baviera era poco più di un cumulo di macerie.
Dal 1940 i bombardamenti alleati e britannici avevano colpito non solo la sede delle industrie degli armamenti, tra cui la BMW, ma anche l’intero centro cittadino. Nel 1942 Monaco subì un attacco di ottantanove quadrimotori britannici e ciò che ne seguì fu una perdita di 149 vite. Fra il marzo e il settembre del 1943 fino ad arrivare al 25 aprile 1944, la situazione si fece però più preoccupante, quando il quinto gruppo del Bomber Command (Comando Bombardieri della Royal Air Force del Regno Unito) fece scoppiare vari e grandi incendi in numerosi punti della città, seguito dagli americani, a luglio, settembre e ottobre e poi di nuovo dai britannici. Nel 1944 gli aerei americani bombardavano di giorno e gli aerei britannici di notte e, con l’intensificarsi di questi attacchi, la città di Monaco rimase per giorni senza acqua, luce e gas, dovendo affrontare gravi problemi nell’approvvigionamento dei viveri. Il 19 gennaio 1945 la città subì il quarantaquattresimo dei settantatre attacchi totali e a guerra conclusa si contarono 6.632 vittime e 15.800 feriti (tra questi, 300.000 abitanti rimasero senza casa). In seguito ai bombardamenti il 90% del centro storico venne distrutto e le dimensioni della città notevolmente ridotte: almeno una metà era rasa al suolo. Oltre alle zone industriali, furono colpiti anche numerosi edifici importanti: la Frauenkirche, la Peterskirche, la St. Johann Nepomuk Kirche, la Bayerische Staatsbibliothek, la Alte Pinakothek, la Neue Pinakothek e il Nationaltheater. Quest’ultimo venne quasi completamente distrutto nella notte del 3 ottobre 1943 durante un bombardamento aereo e venne riprogettato dall’architetto e professore universitario Gerhard Moritz Graubner, che si attenne ai disegni originali di Karl von Fischer, tranne che per una misura interna del teatro, dando luogo ad una nuova sala inesistente nel vecchio progetto. Il teatro riaprì infine, il 22 novembre 1963.

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Per quanto riguarda le impressionanti foto d’epoca, che mostrano una città in ginocchio e devastata, è possibile dare un’occhiata al sito dell’archivio fotografico della Biblioteca Statale (https://bildarchiv.bsb-muenchen.de), dove è sufficiente inserire parole chiave come “Wiederaufbau München” (ricostruzione di Monaco) nella funzione di ricerca.

Tra gli edifici rasi al suolo ci fu anche l’intera Münchner Residenz (Residenza di Monaco di Baviera), situata nel centro della città, che è stata per secoli luogo di residenza e sede per il governo dei duchi, dei principi elettori, in seguito, e infine dei re di Baviera. La struttura si divide in tre complessi principali: il Königsbau, la Maximilianische Residenz (chiamata anche “vecchia residenza”) e il Festsaalbau. Per quanto riguarda lo stile la Residenza di Monaco di Baviera presenta una mescolanza di classicismo, stile rinascimentale, barocco e rococò. Nel 1944 la Residenz venne gravemente danneggiata: rimasero intatti solamente 50 metri quadrati sui 23.500 metri quadrati originari e nei decenni successivi venne in gran parte ricostruita. Fortunatamente alcuni arredi e decorazioni vennero messi in salvo prima che iniziassero i bombardamenti come, ad esempio, l’interno ligneo del Cuvilliéstheater (teatro Cuvilliés), “gioiello” settecentesco in stile rococò che venne smontato e portato in un luogo sicuro, per poi essere ricostruito dopo la guerra. Anche il tesoro della corona, che ora è custodito nel museo della Schatzkammer, subì una simile operazione: venne caricato dall’architetto svizzero Tino Walz su una Opel e condotto al sicuro sulle Alpi, dove fu nascosto sotto sacchi di patate prima di essere riportato in città dopo la fine del conflitto. Tino Walz, insieme al direttore dell’Amministrazione dei castelli bavaresi Rudolf Esterer, con l’aiuto dell’associazione “Freunde der Residenz” (“Amici della Residenza”), provide rapidamente a mettere in sicurezza gli edifici rimasti con l’erezione di tettoie provvisorie e diede impulso al sollecito inizio dei lavori di ricostruzione. Nell’unico palazzo ancora dotato di un tetto, all’interno del “cortile della fontana”, venne ospitato l’ufficio preposto alla ricostruzione dell’interno complesso e gli stessi Walz e Esterer. La Residenz, sotto la loro guida, fu ricostruita secondo l’esatto modello originario, tramite un processò che durò alcuni decenni e che non è ancora concluso del tutto. Ci furono inoltre grandi raccolte di fondi come il contributo che diede la Bayerische Rundfunk, che incentivò la ricostruzione con un milione di marchi, con la condizione che si potesse costruire, all’interno della struttura, una sala da concerto che andasse a sostituire il teatro dell’Odeon distrutto durante la guerra. Per lo scopo venne utilizzata la grande sala del trono, che era stata inevitabilmente distrutta. Gli appartamenti di Ludovico II, le sale del Festsaalbau, il monumentale scalone d’onore, la decorazione delle “camere papali” e gli affreschi della chiesa di corte, invece, furono definitivamente perduti.

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Liberare la città da tutte le rovine richiese un enorme lavoro e sforzo collettivo. Nell’ottobre del 1949 il sindaco convocò i cittadini al “Rama Dama”, che in bavarese corrisponde al significato di “mettiamoci a pulire”, trattasi di una grande operazione per rimuovere le rovine, con l’aiuto degli Americani. I resti della città distrutta vennero accumulati nelle periferie e formarono i cosiddetti Schuttberg: i cumuli più importanti di Monaco si trovano nella parte Nord della città, nel Parco olimpico e nel vicino Parco di Luitpold.

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